Il Canto delle Streghe al Tempo di Litha
- Vamy
- 24 giu
- Tempo di lettura: 2 min

Alcune storie antiche restano conservate dentro, fra le pieghe di un abito sgualcito e negli angoli profondi dell’anima. Le storie sono come viaggi, ed ogni viaggio è una nave fuori dal tempo, fuori dallo spazio. Si racconta che in un tempo che non appartiene al calendario, ma alla danza a spirale del sole e della luna, una Donna volteggiasse fra alberi antichi quando il sole raggiungeva la sua altezza più ardente. Non era giovane, né vecchia. Aveva capelli intrecciati d’oro e ombra, occhi che contenevano l’alba e il tramonto. La chiamavano in molti modi, Solara, Litha, Donna di Mezzogiorno, ma nessuno conosceva davvero il suo vero nome.
Appariva solo una volta all’anno, tra il 20 e il 24 di questo caldo mese di giugno, proprio quando il sole si addormentava nel cielo come incantato dalla vita. Dicevano che portasse con sé un cestino di fuoco e rugiada. Che con quel fuoco accendesse i cuori assopiti, e con quella rugiada risvegliasse le anime smarrite. Si dice che insegnasse agli alberi a cantare, e che a mezzogiorno, chi la incontrava nel bosco, ricevesse una parola segreta da custodire per tutto l’anno.
Solo le streghe, quelle che sanno vedere il mistero nei petali secchi e nelle crepe della terra, sapevano dove cercarla.E quando la trovavano, celebravano con lei la luce. Non una luce qualsiasi, ma quella che nasce dentro, quando l’anima smette di avere paura di splendere.
Oggi le streghe si riuniscono ancora insieme alla sua essenza, in quella natura selvaggia che intona un inno alla vita, alla luce, alla sacralità.
A Litha, quando il sole si trova al suo apice e la terra vibra, le streghe si incontrino nel cuore del bosco per celebrare il fuoco del giorno più lungo.
Non lo troverai scritto nei libri, né inciso su pietra, ma chi ha occhi per vedere e cuore per sentire conosce il richiamo.
Si cammina in silenzio, piedi nudi sull’erba e respiro accordato ai canti degli alberi. Si chiede il permesso al Genius Loci, antico spirito del luogo, che apre le porte invisibili del regno sottile. E lì, nel nostro luogo sacro, tra fronde intrecciate e luce d’oro, si compie l’incanto.
Con le mie sorelle di SelvaLuna, e due nuove anime selvatiche giunte a intrecciarsi al nostro cerchio, abbiamo seguito i gesti di sempre: meditazione, parola dell’anima suonata con la campana, mandala a forma di sole disegnato con le mani della terra. Abbiamo creato smudge e coni d’incenso, raccolto erbe dal profumo inebriante, cantato, battuto tamburi, invocato la rugiada dell’alba come benedizione antica.
Tutto si è mosso come guidato da una memoria che non appartiene a una sola di noi, ma vive in ogni donna che si ricorda di essere fiamma e radice, ricorda di essere da sempre una strega.
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