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Nel cuore della spirale: storia di streghe e generazioni

  • Immagine del redattore: Vamy
    Vamy
  • 25 mag
  • Tempo di lettura: 7 min

Ho sentito dire da qualcuno che la storia non è importante; riascoltando queste affermazioni nella testa, un brivido percorre la mia spina dorsale. Io che con gli antenati ci banchetto, con le arti antiche ci costruisco la quotidianità, con le storie arcaiche mi addormento sognando le mie nonne che me le raccontavano intorno al fuoco. Tante volte lo sbaglio è quello di dimenticare la storia in un cassetto, pensare che sia quel calzino bucato che non ci serve più ma che comunque non possiamo buttare. Ma ciò che è stato, rimane ciò che è, siamo noi, e non si può ignorare un’eredità. Noi streghe ad esempio parliamo spesso di vite passate: ma perché lo facciamo? Non per il semplice gusto del viaggiatore del tempo, non per la voglia di salire su una DeLorean con Doc, ma per trarre un insegnamento, per imparare, per crescere e paradossalmente coltivare il presente, guardare al futuro. 


E così, tra un racconto sussurrato dalle nonne e una memoria che bussa alle porte del presente, mi ritrovo a pensare a come la storia si ripeta, a volte sotto forme nuove, ma con lo stesso fuoco negli occhi. Prendiamo gli anni ’60 e ’70: un’epoca che profumava di rivoluzione, di piedi scalzi sull’erba, di comunità ribelli e sogni giganteschi. Woodstock, l’Isola di Wight... raduni che non erano solo concerti, ma veri e propri riti collettivi di liberazione. Nel cuore di quei raduni c’erano giovani che cercavano una nuova spiritualità, un senso più profondo del vivere, un ritorno alla terra, alla natura, all’amore libero. E cosa c’era, se non la stessa energia che da secoli anima le streghe?

La controcultura hippie e la stregoneria si sono sfiorate spesso in quegli anni: nella voglia di rompere gli schemi, nel bisogno di ricordare, nel desiderio di ritrovare la magia nella vita quotidiana. E proprio come la storia della stregoneria, anche quel movimento ha vissuto il suo apice, la sua caduta e la sua rinascita.



Si passano solo un anno, Woodstock e l’Isola di Wight. Ma quante cose possono accadere in un anno?

Quanto può cambiare il battito di una generazione nel passaggio impercettibile tra due decenni?

Come nella ruota dell’anno, anche nella storia degli uomini esistono soglie di passaggio, porte sottili tra ciò che è stato e ciò che sta per venire. E tra il 1969 e il 1970, una di queste porte si è aperta.

Woodstock fu la luce dell’aurora. Un sogno collettivo che prese forma tra il fango, i corpi nudi, le chitarre, le danze notturne. Un richiamo alla pace, alla libertà, all’amore universale. Non era solo un festival: era una preghiera laica, un sortilegio lanciato al cielo per fermare le guerre, per cancellare le frontiere, per immaginare un mondo nuovo. La pioggia cadeva come benedizione, e anche il caos sembrava armonia. Era l'estate dell’anima, il Solstizio del cuore.

Poi arrivò l’Isola di Wight, solo un anno dopo, ma già intrisa di un’altra luce. La luce obliqua e malinconica dell’autunno, quella che non inganna più. C’erano ancora le folle, la musica, le band leggendarie. Ma c’era anche tensione. Il sogno non era più puro: si sentivano gli scricchiolii di un mondo che iniziava a spezzarsi. Proteste, recinzioni abbattute, voci che chiedevano che la bellezza fosse di tutti, non solo di chi poteva pagare. Era il momento della presa di coscienza, della fine dell’innocenza, della domanda radicale: e ora?

Quella differenza di un anno era come il passaggio dalla fanciulla alla madre, dalla visione alla responsabilità. Woodstock è l’incanto; Wight è il risveglio. Come in ogni ciclo magico, anche qui c’è un prima e un dopo. E nel mezzo, un velo che si solleva, rivelando le crepe del sogno… ma anche i semi di una nuova consapevolezza.

Woodstock era l’America sognante, quella psichedelica dei Jefferson Airplane, era un’America che ascoltava incantata la chitarra di un energico Hendrix che vomitava le note distorte di un inno che stava seminando guerre, era il graffio struggente della voce di Janis, che faceva da sottofondo a sogni ed allucinazioni. 

Wight un anno dopo aveva il sapore delle ballate malinconiche di Joan Baez, un Jim Morrison stanco o saggio, che scuoteva la barba nel vento, l’ultima apparizione europea di Hendrix. L’isola anglosassone accoglieva già il dissenso, la lotta, la disapprovazione, il risveglio di una generazione cha aveva finito le droghe e si era risvegliata in una realtà che non gli apparteneva. 

E come accade nei grandi cicli della magia, anche la controcultura ha conosciuto le sue fasi lunari, le sue stagioni interiori.

Woodstock era il tempo dell’estasi, il punto di massima espansione. Lì la fiamma ardeva alta, come in una notte di Beltane, dove ogni cosa è fertile, possibile, viva. Era l’equivalente di quella stregoneria solare, giovane e audace, che danza scalza sui prati e chiama le forze del mondo con fiducia incantata. Un momento in cui si credeva davvero che l’incanto potesse cambiare la realtà.

Ma poi, come accade sempre nei cicli della vita, si è entrati in una nuova fase: quella dell’ombra, della verità che affiora, della disillusione necessaria. L’Isola di Wight è stata un equinozio: bilanciamento tra luce e buio, tra speranza e consapevolezza. Una generazione si è svegliata dal sogno e ha aperto gli occhi su un mondo che non era cambiato abbastanza. Come una strega che, dopo l’estasi del rituale, si siede al focolare a riflettere sul senso profondo della sua arte.




Anche la stregoneria ha conosciuto i suoi apici e le sue eclissi.Bruciata, demonizzata, nascosta nei secoli bui…e poi tornata, piano, tra le mani di chi raccoglieva erbe in silenzio, di chi bisbigliava preghiere sotto la luna.


📜 Anni ’50 – Il silenzio sussurrato e l’inizio del risveglio:

In un’epoca ancora fortemente conservatrice, la stregoneria riemerge come sussurro clandestino. È l’epoca in cui Gerald Gardner pubblica i primi scritti wiccan (tra il '51 e il '59), dando voce a un sapere che per secoli era rimasto nascosto, tramandato in segreto. La strega torna, ma lo fa ancora in punta di piedi, sotto la lente della ricerca antropologica, in ambienti chiusi e iniziatici.

🌕 Anni ’60 – La riscoperta magica e il tempo dell’utopia

La controcultura fiorisce e con essa anche una visione più aperta della spiritualità. La stregoneria si intreccia con la spiritualità orientale, la psichedelia, il ritorno alla natura. È il tempo dei riti all’aria aperta, delle comunità spirituali, dei primi testi che parlano di magia popolare e folklore con uno sguardo romantico. Come Woodstock, è un momento in cui tutto sembra possibile.

🌘 Anni ’70 – Dal sogno alla tensione

Mentre la società si radicalizza e i movimenti diventano più politici, anche la stregoneria cambia volto. Si fa più consapevole, femminista, militante. Nascono collettivi di donne che riscoprono la figura della strega come simbolo di resistenza, di autonomia, di corpo libero. L’eco di Wight risuona anche qui: non basta sognare, bisogna agire, lottare, denunciare. l’Italia conosce gli anni di piombo, la visione della realtà cambia: c’è chi combatte, chi si ritira nella propria tana in attesa di giorni migliori.

🌑 Anni ’80 – Il buio, l’isolamento, il ritorno all’occulto

In un mondo travolto dal consumismo e dal rigore reaganiano, la magia torna a essere vista con sospetto. È il tempo del "Satanic Panic", un'ondata di isteria collettiva — soprattutto negli Stati Uniti ma con eco anche altrove — che associa ogni pratica esoterica o alternativa al culto del diavolo. La strega viene nuovamente additata come pericolo, come minaccia morale: chi pratica magia, chi legge i tarocchi, chi parla di erbe o antichi culti è guardato con timore o ridicolizzato.

Nel clima delle famiglie perbene, borghesi e benestanti, l’occulto è demonizzato e semplificato: non si distingue tra chi onora la terra e chi compie riti oscuri. La stregoneria viene distorta dai media, ridotta a spettacolarizzazione, resa caricatura o mostro da temere. È un’epoca in cui molte streghe scelgono il ritiro, la pratica solitaria, l’occultamento, per proteggere la propria verità da una società che ha paura di ciò che non capisce.

🌒 Anni ’90 – La Rinascita della Dea e la strega popolare

Come un plenilunio che rompe il buio, la stregoneria torna visibile. In questo decennio, la spiritualità della Dea e le tradizioni neopagane escono dagli spazi segreti per entrare nelle librerie, nei circoli femministi, nelle piazze. È il tempo di Starhawk e della sua visione ecofemminista e comunitaria, dei testi accessibili e gentili di Scott Cunningham, delle rivendicazioni spirituali di Zsuzsanna Budapest. Ma è anche il tempo in cui Phyllis Curott, avvocata e sacerdotessa wiccan, parla al mondo intero senza paura, portando la figura della strega in tribunale, nei media, nei talk show, per smontare stereotipi e far valere la libertà spirituale. Il suo libro "Il sentiero della Dea" diventerà una bandiera.

Nel frattempo, le streghe tornano anche nel mondo dell’immaginario: la TV si riempie di magia.

Le sorelle Halliwell in Charmed affrontano demoni e patriarcati con incantesimi e sorellanza, mentre in Buffy l’Ammazzavampiri, tra paletti di legno e oscurità, la stregoneria trova spazio in personaggi come Willow, che mostra il potere della magia come percorso di crescita e identità.

È una nuova primavera per l’Arte: la strega non è più mostro, ma protagonista, eroina, donna reale che sceglie, ama, si evolve.

🌕 Anni 2000 – oggi – Streghe digitali e memoria antica

Oggi siamo in una nuova fase: la strega è ovunque, tra gli scaffali delle librerie, su Instagram e TikTok, nei podcast e nelle tazze delle tisane.

Ma quale strega?

Quella che onora le sue radici o quella che rischia di perdersi nel marketing?

Siamo, ancora una volta, in un momento di passaggio.

Come a cavallo tra un decennio e l’altro, come tra un sogno e un risveglio.


Quindi ripartiamo da qui, essendo consapevoli che la ruota gira sempre, ma non sempre allo stesso modo. È una spirale, un ciclo di eventi concatenati, ognuno con la sua estrema importanza. Oggi il volto della stregoneria è profondamente cambiato, siamo immersi in un’epoca che segna un confine. 


Questo presente, così denso di simboli, contraddizioni e possibilità, è materia viva e incandescente — merita uno sguardo tutto suo, un respiro dedicato. Di questo vi parlerò un’altra volta, quando la luna sarà propizia e il fuoco pronto ad ascoltare. 


E mentre la Ruota gira e ci interroga, io mi fermo qui, per ora. Ma come sempre, vorrei sapere cosa ne pensi tu.

💭 Quale volto ha, per te, la stregoneria oggi?

Condividi il tuo pensiero, raccontami la tua visione: è nel confronto che si alimenta il fuoco.

E se vuoi continuare a camminare nel bosco insieme a me,🌿 sfoglia le mie Lettere dal Sottobosco: parole riservate, intime, scritte con la penna e col cuore, per chi sente che la magia, dopotutto, è una storia da vivere insieme.

 
 
 

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La strega semplice
May 26
Rated 5 out of 5 stars.

Bellissimo....ciclicità...apici e cadute...l'unità del tutto.

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